giovedì 12 gennaio 2023

Sensore ioneselettivo per i cloruri ad AgCl + grafite

Uno dei sistemi proposti in letteratura per la produzione di sensori ioneselettivi per il cloruro è quello che prevede l'uso di un pellet cilindrico composto da una mescola di argento e cloruro di argento.

Il sensore è costituito da uno di questi pellet accoppiato ad un (contro)-elettrodo di riferimento: immergendo il sensore in una soluzione acquosa, tra i  due si instaura una d.d.p. che dipende dalla concentrazione di ioni cloruro presenti in soluzione.

Visto che, come già spiegato in un post precedente, in letteratura è riportata anche la possibilità di realizzare un sensore ioneselettivo utilizzando esclusivamente cloruro di argento puro, si può ipotizzare che la funzione dell'argento, nella mescola Ag + AgCl, sia quella di rendere elettricamente conduttivo il pellet, piuttosto che svolgere la funzionalità di "ioneselezione" che è invece deputata al suo cloruro.

A seguito di questa riflessione maturata durante le mie ricerche di dottorato, ho effettuato una serie di prove per vedere se era possibile ottenere qualcosa di funzionante usando la grafite al posto della polvere di argento.


Il risultato delle prime prove è quello che si vede qui sopra: la pasticca nera in foto è stata ottenuta effettuando una sorta di sinterizzazione, a bassa temperatura (40 °C), di una miscela di polvere di grafite e cloruro di argento (50% + 50%) utilizzando una inglobatrice della Remet.

La pasticca, che dovrebbe funzionare come elettrodo ione-selettivo, è collegata al polo positivo (rosso) del potenziostato AutoLab, impostato in modalità di lettura del potenziale di circuito aperto OCP.

All'epoca non avevo ancora a disposizione il multimetro VC8145 che per la registrazione delle d.d.p. è di gran lunga migliore (visto che offre la possibilità di selezionare l'impedenza circuitale interna di misura).

Qualsiasi sensore elettrochimico potenziometrico è costituito da due elettrodi: infatti in questo caso il secondo elettrodo che si vede in foto è un elettrodo di  riferimento ed è collegato al polo negativo (nero) del potenziostato e che, tra l'altro, consente di chiudere il circuito.


Nel grafico qui sopra è rappresentata la risposta del sensore "primordiale" immerso in acqua deionizzata. Nell'istante marcato dalla freccia rossa sono state aggiunte alcune gocce di una soluzione concentrata di cloruro di sodio. In vari istanti precedenti e successivi a quello marcato dalla freccia rossa sono state aggiunte gocce di soluzione concentrata di solfato di magnesio, che, al contrario del cloruro, non producono alcun tipo di discontinuità nell'andamento della curva.

La pasticca così prodotta ha una bassissima resistenza meccanica, tendendo a sgretolarsi facilmente: se , per ovviare a questo problema, si prova a sinterizzare la pasticca a temperature più elevate, oltre a non ottenere nessun beneficio pratico in termini di solidità del prodotto finale, si osserva la corrosione del pistone della macchina inglobatrice:


Il ripristino della superficie del pistone ha comportato un lungo lavoro di lappatura con carte abrasive. In effetti il potere corrosivo del cloruro di argento nei confronti dei metalli è riportato in letteratura ma, al momento della realizzazione di questo esperimento, ne ignoravo l'esistenza.

A questa prima prova veloce hanno fatto seguito altre semplici prove aggiuntive.

Innanzitutto è stata valutata la possibilità di realizzare delle pastiglie più piccole (1 cm di diametro) utilizzando una pressa idraulica a freddo, ma queste si sono rivelate essere particolarmente fragili dal punto di vista meccanico: non è stato quindi possibile effettuare nessuna misura elettrochimica.



Visti i problemi di fragilità meccanica è stato realizzato un tentativo diverso dai precedenti: la polvere di grafite e cloruro di argento è stata miscelata a della resina termoplastica trasparente e il tutto è stato solidificato alla temperatura di 180 °C all'interno dell'inglobatrice.

La pasticca così ottenuta è solida, ma la sua solidità e il suo potere corrosivo nei confronti del metallo aumenta al diminuire della quantità di resina utilizzata.


La risposta elettrochimica di un sensore realizzato con questa resina è piuttosto scarsa, come si può dedurre dal grafico che segue.


I numeri riportati all'interno del grafico, disposti su due righe, hanno il seguente significato: la prima riga, scritta in verde, specifica la concentrazione dello ione cloruro espressa in mg/L; la seconda riga, scritta in blu, specifica invece la durezza dell'elettrolita di supporto (solfato di calcio e solfato di magnesio in rapporto equimolare) espressa in gradi francesi.

La "linea di base" della d.d.p. subisce variazioni significative solo quando alla soluzione di elettrolita di supporto (acqua a 50 °HF) vengono aggiunte quantità molto elevate di cloruro di sodio (da 2000 mg/L in poi).

Il sensore "risponde", ma troppo debolmente e troppo lentamente. Non c'è stato il tempo di effettuare uno studio approfondito sul legame tra i rapporti ponderali C : AgCl : resina e la sensibilità del "sensore".

Sono state effettuate delle prove aggiuntive utilizzando della resina epossidica (EpoFix Resin + EpoFix Hardener) al posto della resina termoplastica.


La mescola di polveri di grafite e di cloruro di argento è stata miscelata assieme alla resina epossidica e, prima che questa pasta indurisse completamente, è stata versata all'interno di un tubetto di plexiglas. Un filo di rame immerso e inglobato all'interno della pasta garantisce il contatto elettrico con il potenziostato.


Utilizzando un paio di fascette elastiche si procede infine a fissare il (contro)-elettrodo di riferimento sul fianco del plexiglas. Il "sensore" è quindi pronto per effettuare le prove.


La risposta in questo caso è totalmente arbitraria: se il dispositivo viene immerso in acqua contenente solfato di calcio e magnesio si registrano delle oscillazioni a periodo variabile, che si collocano nell'intervallo che va da –0,20 a –0,50 V.


C'è da dire che il modo con il quale il potenziostato opera nella sua modalità di OCP non è del tutto comprensibile leggendo il manuale dello strumento, né è nota l'impedenza circuitale in ingresso.

Sarebbe interessante poter ripetere queste prove con il VICI VC8145.

Lo stesso fenomeno oscillatorio, seppure su un intervallo molto più ristretto, lo si nota anche provando a realizzare un sensore in cui l'elettrodo di lavoro è un fuso di cloruro di argento.


Quel disco collegato al morsetto giallo che si vede nella foto qui sopra è un disco di cloruro di argento fuso, ottenuto fondendo in muffola del cloruro di argento fresco all'interno di un contenitore in vetro che è stato poi rotto con un martello e il cui fondo (contenente il fuso di AgCl) è stato lappato con carta abrasiva.

fondo del recipiente contenente il fuso di AgCl, osservato in controluce

il recipiente è stato rotto con un martello per
recuperarne il fondo (che ingloba il fuso di AgCl)

fuso di AgCl

lappatura del fuso di AgCl

fuso di AgCl osservato in controluce

La risposta elettrochimica del sistema così realizzato, immerso in una soluzione di solfato di calcio e di magnesio è la seguente:


L'aggiunta di cloruro, anche in quantità elevate, non modifica in modo sostanziale l'andamento del grafico.

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